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È passato facendo del bene |
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«Consacrato in Spirito Santo e potenza, Gesù di Nazareth passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui» (At 10,36). Queste considerazioni dell’apostolo Pietro riassumono tutta la vita di Gesù. Sono pronunciate in un contesto molto particolare, quello del battesimo del primo pagano. Chiamato a recarsi preso il centurione Cornelio, Pietro inizia a superare un divieto: lui, un ebreo rispettoso della legge, non può entrare normalmente nella casa di uno straniero; sarebbe un’impurità per la legge. Ma in una visione il Signore gli ha fatto capire che Dio non fa differenze tra le persone: «non bisogna chiamare profano o impuro nessun uomo» (At 10,28). |
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Allora Pietro si assume il rischio. Una volta in casa, parla di Gesù, «il Signore di tutti» (At 10,37), ed espone a grandi tratti ciò che caratterizza la sua esistenza. In quest’elogio del Maestro nessuna menzione di parole, di gesti o di atteggiamenti che sarebbero la specificità di un buon israelita, come per esempio la preghiera al Tempio di Gerusalemme, l’osservanza del sabato e delle preghiere rituali…Pietro va direttamente all’essenziale, che è anche il più umano: Gesù ha fatto il bene, e particolarmente ha rimesso in piedi innumerevoli infermi, significando con ciò che «Dio era con lui»
(At 10,38). |
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Fare il bene! «Lui o lei ha fatto tale cosa di bene»: non è questa la riflessione la più universale, quando evochiamo la vita di un defunto? Quali che siano il luogo, la religione, il grado di «civiltà». Che parliamo di soeur Emmanuelle o della persona la più anonima. È questo che ricordiamo: «le loro opere li seguono», dice l’Apocalisse (14,13). |
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Bisogna sottolineare l’importanza del «fare»; Gesù è stato un realizzatore, non si è contentato di parlare del bene in sé, o di incoraggiare gli altri a praticarlo. Non si è limitato neanche a praticare il bene codificato come tale nella società religiosa del suo tempo. Davanti a degli ascoltatori recalcitranti dalla sguardo deformato, talvolta è stato spinto a designare il vero bene e la gerarchia dei valori. A più riprese, opera delle guarigioni il giorno del sabato, guarisce un uomo dalla mano inaridita. Di fronte alle reazioni ostili, pone la sola domanda che vale: «È permesso il giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?» (Lc 6,9). In Matteo Gesù aggiunge: «Supponiamo che uno di voi abbia una pecora e che questa, un sabato, gli cada in un fosso; la afferra e la tira fuori o no? Ebbene, quanto vale più un uomo di una pecora!»
(Mt 12,11-12). |
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Salvare una vita; salvare la vita di ogni uomo e di ogni donna; salvare il bambino prigioniero della morte, come il figlio della vedova di Nain
(Lc 7,11-17) o la figlia di Giairo
(Mc 5,21-43; Mt 9,18-26;
Lc 8,40-56;); guarire i lebbrosi osando toccarli
(Mc 1,40-45; Mt 8,2-4; Lc 5,12-16; 17,11-19); restituire la vista al cieco di Gerico sul bordo della strada
(Mc 10,32-34; Mt 20,29-34; Lc 18,35-43)…
Molto semplicemente, discretamente, passando. |
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Perché Gesù fu un passante; «è passato» nel suo tempo, come noi passiamo nel nostro. Ha conosciuto la precarietà ed il lato «sfuggente» dell’esistenza. Il suo tempo di vita pubblica fu anche particolarmente breve per un Maestro spirituale che segna a questo punto la storia da venti secoli! Ma, quando passava di villaggio in villaggio, di questi fragili istanti di incontro ne faceva dei momenti di verità esistenziale, nei quali il passante diventava traghettatore di umanità. Allora la sua parola, il suo gesto, il suo grido o la sua fiducia aprivano ai fortunati beneficiari il passaggio verso un mondo nuovo, quello della famiglia di Dio: «chi fa il bene è da Dio» (3 Gv 11). |
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Traghettatore di vita pasquale, lo è diventato all’epoca della sua Pasqua verso il Padre, quando ha liberamente deposto la sua vita «perché abbiamo la vita in abbondanza»
(Gv 10,10). Supremo passaggio nel quale il bene che ha fatto non è riservato agli uomini del suo tempo, ma alla moltitudine di tutte le epoche. Ne viviamo oggi. |
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